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monografica
Positivismo giuridico e oggettività
dei valori |
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Giorgio Maniaci, Giorgio Pino, Aldo Schiavello
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Presentazione
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La parte monografica del primo numero
di Diritto e questioni pubbliche è dedicata ad una discussione
sui problemi attuali del positivismo giuridico, corrente filosofica
che negli ultimi decenni è stata oggetto non solo di critiche
esterne ma anche di profondi ripensamenti e revisioni dal suo interno
(si pensi, come esempio particolarmente illuminante di ripensamento
dall'interno, al breve saggio del 1989 di Uberto Scarpelli Il positivismo
giuridico rivisitato). Critiche esterne e ripensamenti interni ruotano
attorno ad un medesimo nucleo problematico: il rapporto tra diritto
e morale. Questo costituisce il filo conduttore - la questione filosofica
di fondo - di tutti i lavori qui presentati. Francesco Viola affronta,
a livello etico generale, un tema, quello dell'oggettività
dei valori morali, che può essere considerato una tra le principali
chiavi interpretative della contrapposizione tra giuspositivismo e
giusnaturalismo. L'intento di Viola è quello di contribuire
all'individuazione di una concezione dell'oggettività dei valori
che non faccia tabula rasa della ineliminabile dimensione di soggettività
che caratterizza l'esperienza morale di ciascun individuo. Il punto
è quello di conciliare "bene in sé" e "bene
per me". Due sono gli argomenti principali utilizzati dall'autore
in vista di tale complicata conciliazione: l'elaborazione di una concezione
della razionalità pratica come razionalità discorsiva
e la distinzione analitica tra valore, che indica la direzione del
desiderio verso il bene, e norma morale, che si risolve in una guida
concreta dell'azione. Riguardo a quest'ultimo punto, Viola sottolinea
come la mancata considerazione della distinzione tra valori e norme
da parte del giusnaturalismo razionalista abbia legittimato le obiezioni
giuspositiviste circa il carattere contingente (soggettivo) delle
norme. Il carattere dialogico, discorsivo, della ragion pratica consente,
innanzitutto, di individuare un punto di partenza comune nell'accordo
"sull'uso di determinati mezzi di comunicazione e sul loro significato".
Da qui è poi possibile proseguire alla ricerca di valori condivisi
da tutti i membri di una "comunità linguistica".
Viola, rifacendosi esplicitamente al pensiero di John Finnis, l'autore
che, probabilmente, ha contribuito più di tutti in questi ultimi
anni al rinnovato vigore del giusnaturalismo, sottolinea come alcuni
valori - in particolare, la conoscenza - non possono essere confutati
nella loro astrattezza. Anche il non-cognitivista non può evitare,
opponendosi al cognitivismo, di affermare il valore della conoscenza
ed il disvalore dell'ignoranza. In conclusione, l'oggettività
dei valori difesa da Viola si risolve in un ideale regolativo del
dibattito in ambito morale: "è possibile argomentare e
dibattere al fine di raggiungere conclusioni oggettive, per quanto
astratte".Il saggio di Aldo Schiavello è dedicato al problema
dell'oggettività\soggettività del diritto. Tale problema
concerne la determinazione dello status delle norme che costituiscono
la premessa maggiore, la premessa normativa, del sillogismo pratico
che rappresenta lo schema formale della giustificazione delle decisioni
giudiziali. Si tratta di stabilire, in breve, se l'esistenza e, soprattutto,
il contenuto di senso delle norme giuridiche dipenda del tutto dall'opinione
di giudici e giuristi individualmente considerati (soggettivismo),
ovvero se sia possibile affermare che, almeno in una certa misura,
il diritto è indipendente dall'opinione di giudici e giuristi
individualmente considerati. L'intento dell'autore è quello
di analizzare criticamente la concezione dell'oggettività del
diritto recentemente elaborata da Jules Coleman e Brian Leiter a partire
da uno sfondo giusfilosofico di chiara matrice hartiana. Lo studio
di Coleman e Leiter è senza alcun dubbio uno dei pochi tentativi
che il positivismo giuridico contemporaneo ha compiuto al fine di
presentare una concezione filosoficamente sofisticata dell'oggettività
del diritto, che si presenti esplicitamente come una chiara confutazione
del soggettivismo difeso dallo scetticismo normativo. Secondo Schiavello,
tuttavia, tale tentativo non riesce a sfuggire all'alternativa tra
oggettività in senso forte (o platonica) ed oggettività
in senso debole (o convenzionalismo).I saggi di Vittorio Villa, José
Juan Moreso, Pablo Navarro e Susanna Pozzolo sono tutti incentrati
sulla ben nota contrapposizione tra inclusive ed exclusive positivism.
In breve, quest'ultima concezione del giuspositivismo, difesa in particolare
da Joseph Raz, sostiene che una teoria del diritto è accettabile
solo se i suoi criteri per identificare il contenuto del diritto e
per determinare la sua esistenza riposano esclusivamente su fatti
relativi al comportamento umano suscettibili di essere descritti in
modo avalutativo e solo se, inoltre, i suddetti criteri vengono applicati
senza bisogno di ricorrere ad un argomento morale (sources thesis).
L'inclusive positivism si articola in due tesi fondamentali. In base
alla prima, che è essenzialmente una tesi negativa, si afferma
che la tesi della separazione tra diritto e morale richiede soltanto
che sia possibile immaginare un sistema giuridico in cui la conformità
a valori morali non rientri tra i criteri di validità delle
norme. In base alla seconda tesi, si afferma che il fatto che l'individuazione
del diritto di una determinata società dipenda da convenzioni
sociali non impedisce che la conformità a valori morali rientri
tra le condizioni di validità delle norme giuridiche. E' sufficiente,
infatti, che tra le convenzioni sociali vi sia anche quella secondo
cui il rispetto di valori morali è condizione di validità
delle norme giuridiche.Villa - pur dichiarando apertamente la sua
preferenza per l'inclusive positivism - è interessato a mostrare
che la contrapposizione tra queste due versioni di positivismo è
viziata da alcuni "fraintendimenti concettuali" che rendono
accidentato il percorso verso l'individuazione delle effettive ragioni
del contendere tra inclusive ed exclusive positivism. A partire da
una preliminare chiarificazione concettuale, l'autore sostiene poi
che l'adozione di una prospettiva epistemologica "costruttivista"
rende più agevole respingere le obiezioni mosse all'inclusive
positivism.Moreso intende elaborare una versione del positivismo giuridico
hartiano che possa valere come descrizione plausibile degli ordinamenti
giuridici delle democrazie costituzionali. In particolare, tale versione
deve essere in grado di rendere conto del fatto che le costituzioni
di tali ordinamenti includono costanti rimandi a standards di moralità.
In particolare, l'autore si preoccupa di mostrare che l'"indebolimento
del positivismo" giuridico - imposto in qualche modo dal fenomeno
della costituzionalizzazione - non porta necessariamente con sé
l'accoglimento dell'oggettivismo etico.Navarro difende una posizione
per molti versi antitetica rispetto a Moreso. Egli sostiene che l'indebolimento
delle tesi positiviste conduce, lentamente ma inesorabilmente, verso
posizioni anti-positiviste. Per questa ragione, Navarro difende una
versione forte di positivismo giuridico, precisando tuttavia, sulla
scorta di Michael Hartney, che tale concezione del diritto non è
una teoria linguistica, né una teoria morale o relativa agli
obblighi morali dei giudici, ma solo una teoria che si propone di
individuare in modo certo i criteri che consentono di determinare
qual è il diritto in una situazione data.Su linee tutto sommato
analoghe si muove anche il saggio di Pozzolo. In particolare, l'autrice
sottolinea come l'inclusione della morale tra le fonti del diritto,
difesa dall'inclusive positivism e segnatamente da Wilfrid Waluchow,
possa condurre ad una deriva giusnaturalista del positivismo giuridico,
e inoltre sottolinea come l'inclusive positivism, non tributando la
dovuta attenzione alla polisemia del termine 'morale', si risolve
in una posizione teorica sostanzialmente ambigua.
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